Italia in corsa verso il futuro: 22 miliardi in data center, cloud e IA!

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Il governo elabora piani per attrarre investimenti e semplificare le normative. Microsoft, AWS e Eni in testa per il raggiungimento di 1,2 GW di capacità entro il 2028 e 2 GW entro il 2031. Il Mase considera l’uso di fondi UE per progetti chiave, mentre persiste la questione del fabbisogno energetico

L’Italia si sta posizionando per un futuro tecnologico avanzato. Dopo un periodo caratterizzato da ritardi e complicazioni burocratiche, il 2025 si preannuncia come un anno di svolta per gli investimenti nei data center sul territorio nazionale. Secondo gli ultimi studi condotti dalla IDA (Italian Data Center Association), si prevede una triplicazione della capacità installata, da 287 megawatt nel 2024 a oltre 1 gigawatt nel 2028, fino a toccare i 2 gigawatt nel 2031. I prossimi cinque anni vedranno spese per la costruzione e l’allestimento di data center che supereranno i 21,8 miliardi di euro, con una spinta significativa dai giganti del cloud e dell’intelligenza artificiale.

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Il boom degli hyperscale: il motore del mercato

La crescita del settore sarà spinta da aziende hyperscaler di portata globale. Microsoft ha già annunciato un raddoppio degli investimenti in Italia, con 10 miliardi di euro tra il 2025 e il 2026, mentre Amazon Web Services ha previsto un investimento di 1,2 miliardi per espandere la sua presenza nella regione di Milano. Non mancano inoltre iniziative come i campus di Data4 e Apto. Anche Eni sta costruendo un data center “AI-ready” da 1 gigawatt a Ferrera Erbognone, che sarà alimentato da energia a basso impatto ambientale.

Questi importanti attori non solo incrementano la capacità, ma ridefiniscono anche i parametri di progettazione — efficienza energetica, densità e requisiti di sostenibilità. «L’Italia sta facendo passi da gigante per prepararsi a questa trasformazione», ha dichiarato a MF-Milano Finanza Sherif Rizkalla, presidente di IDA. «C’è ancora bisogno di migliorare la rete elettrica e semplificare i processi autorizzativi, ma il dialogo con le istituzioni è incoraggiante. Un vero cambiamento avverrà quando svilupperemo competenze italiane senza dipendere dall’estero».

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Il governo lavora per semplificare, ma il problema energetico persiste

Da un punto di vista istituzionale, il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, in collaborazione con il Mimit e il Miur, sta elaborando una strategia per attrarre investimenti nei data center, mirando a un quadro normativo più chiaro e a una riduzione dell’incertezza burocratica.

«L’intento è offrire un riferimento normativo trasparente per gli investitori esteri interessati ai data center italiani», ha spiegato Laura D’Aprile, responsabile del Dipartimento dello sviluppo sostenibile del Mase. In particolare, il decreto Energia sarà uno strumento chiave per semplificare le valutazioni di impatto ambientale e le autorizzazioni, oltre a potenziare i sistemi informativi territoriali per l’allocazione delle infrastrutture.

Il principale ostacolo rimane tuttavia il fabbisogno energetico. Attualmente, la maggior parte della domanda proviene da Lombardia e Piemonte (oltre il 70%), ma le richieste di connessione alla rete elettrica sono in forte aumento: Terna ha registrato oltre 342 domande di allaccio, per un totale di più di 55 GW di potenza. Secondo le stime del Mase, il fabbisogno energetico potrebbe crescere di circa 11 TWh entro il 2030. «Nelle nostre linee guida del 2024 abbiamo anche posto attenzione ai consumi idrici per il raffreddamento e all’uso del suolo: è essenziale adottare misure che coniughino crescita e sostenibilità», ha aggiunto D’Aprile.

  • Leggi anche: Il settore digitale a Milano rappresenta un quinto del mercato italiano. In Lombardia, il giro d’affari supera i 23 miliardi

Milano rimane il fulcro, ma si sviluppano nuovi centri e il ruolo dei porti

Milano continua a essere il centro più attrattivo del mercato, ma il report evidenzia un reale riallineamento geografico: Roma e Torino crescono, mentre città come Genova, Bari, Napoli e aree della Sicilia e della Toscana diventano sempre più interessanti per gli investitori grazie all’espansione della connettività sottomarina. La capacità dei cavi nel Mediterraneo è prevista crescere notevolmente, creando nuovi hub interconnessi che possono alleviare la pressione sui mercati più consolidati.

«Stiamo notando un crescente interesse verso località come Genova, Bari e Napoli per diversi motivi: la presenza di nuove infrastrutture di connettività, in particolare i cavi sottomarini internazionali, la vicinanza a mercati chiave e l’opportunità di redistribuire il carico dai grandi centri», ha commentato Rizkalla.

«Ovviamente», prosegue il presidente di IDA, «ci sono ancora sfide da affrontare: i tempi burocratici, la disponibilità di energia e la certezza normativa. In questo contesto, gli edge data center giocheranno un ruolo fondamentale, poiché permettono di avvicinare la capacità di calcolo agli utenti finali, garantendo meno latenza e maggiore efficienza».

  • Leggi anche: L’Italia ha urgente bisogno di una strategia per l’AI

La possibilità di infrastrutture in partnership pubblico-privato

Con l’espansione delle infrastrutture cresce anche la domanda di sovranità digitale: la pubblica amministrazione e i settori strategici cercano di ridurre la dipendenza dai cloud esteri. «Abbiamo infrastrutture eccezionali come il Polo Strategico Nazionale, dove le amministrazioni centrali stanno trasferendo i propri dati e abbiamo la capacità tecnologica per realizzare partnership pubblico-privato», ha osservato D’Aprile, sottolineando la possibilità di utilizzare anche fondi UE per progetti strategici. La recente approvazione della legge sull’intelligenza artificiale traccia questa direzione.

L’impatto occupazionale sarà comunque significativo: i data center commerciali (colocation e hyperscale) impiegano oggi poco più di 1.200 persone a tempo pieno, e si stima che il numero si avvicinerà a 6.000 entro il 2029. «Abbiamo eccellenze accademiche e professionali, ma è necessario uno sforzo per costruire una filiera italiana di talenti», ha avvertito Sherif Rizkalla, «senza competenze locali solide, il rischio è di dipendere dall’estero anche per le professionalità più strategiche».





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