Confagricoltura Puglia: autosufficienza alimentare, nostra regione può contribuire ma serve incentivare l’innovazione

“La guerra in Ucraina ha evidenziato il problema della eccessiva dipendenza dell’Italia dagli altri paesi in fatto di materie prime agricole alimentari. Per far uscire il nostro Paese da questa dipendenza, il contributo che può dare la Puglia è enorme ma bisogna puntare sull’innovazione. E questo riguarda soprattutto i cereali, sia per quelli destinati all’alimentazione umana e sia per quelli destinati all’alimentazione animale” è quanto rilevano il presidente di Confagricoltura Puglia Luca Lazzàro e il presidente di Confagricoltura Foggia Filippo Schiavone.

La Puglia può dunque dare un contributo rilevante al Paese nell’obiettivo di ridurre la dipendenza dall’estero per ciò che concerne le materie prime agricole alimentari. È una delle regioni italiane che possiede il maggior numero di ettari di Superficie agricola utilizzata, pari al 65,8% della superficie complessiva regionale e al 10,2% della SAU nazionale. Di questa superficie agricola, il 50% è coltivata ad erbacee, quali cereali, legumi, ortive e foraggere avvicendate, per il 35% ad arboree, vite, olivo e fruttiferi, e per il rimanente 15% interessata dalla presenza di prati e pascoli permanenti. Le colture più diffuse sono quelle che tradizionalmente sono legate al territorio pugliese, prima di tutto i cereali, che coprono il 28% della superficie agricola a livello regionale e, quindi, l’olivo che ne interessa il 27%. Secondo dati elaborati dal Crea, il territorio della Puglia presenta una superficie di 1.954.050 ettari, pari al 6,5% dell’intero territorio nazionale. Tra le province pugliesi, Foggia è la più estesa con circa 700 mila ettari, pari al 36% del totale regionale; segue Bari con circa 386 mila ettari (19%).

“In Puglia il grano duro ha una resa di circa 30 q/ha. In questo momento serve aumentarla con l’uso di semi ibridi, puntare sul miglioramento genetico e sull’agricoltura di precisione”.

Investire nell’innovazione e su un corretto utilizzo e riutilizzo dell’acqua avrà effetti anche sul consumatore finale. “Innovare – dicono – non significa peggiorare il prodotto finale ma fare in modo che la resa aumenti sempre nel rispetto della qualità. Ciò comporta un risparmio finale per tutti, sia per un minor utilizzo dei fitofarmaci e sia per un minor consumo di energia”.